Fotografando il paesaggio, note a margine
Nel lembo di pianura padana che si spinge verso il mare, uno sguardo attento nel paesaggio
porta a cogliere la presenza crescente dell'acqua, risorsa primaria che ha inciso sulla conformazione della terra
stessa;
una ricerca sul carattere dei luoghi è condizionata dal sistema di relazioni innescato da queste componenti.
Nell’alternarsi tra le varie forme del terreno coltivato, ora più irregolari, ora più geometriche (frutto di progetti di
sistemazione), sono molte le testimonianze del rapporto tra terra e acqua
dovuto alla mediazione umana, dalle arginature dei
fiumi, agli attraversamenti, alle chiusure, fino alle più sfuggenti baulature dei singoli
campi.
Il repertorio di immagini d'epoca mostra una pianura ricca di vegetazione; le essenze arboree documentate come dominanti nella
fase storica di prevalenza delle superfici boscose -querce, carpini, olmi- sono ora meno diffuse rispetto a
quelle caratterizzanti il paesaggio agrario, quali i
salici, i pioppi e le varie piante da frutto.
La situazione attuale risente di una limitazione avvenuta negli ultimi decenni (con eliminazioni di filari alberati di confine,
minore presenza di specie per auto-consumo e altro), oltre a registrare -per le colture annuali- una variazione propria di un
settore agricolo sempre più industrializzato. La pluralità delle essenze si è andata riducendo sulla base di ragioni
economiche e una parte di queste viene anche destinata alla produzione di energia (con relativo inquinamento che va ad
aggiungersi a quello dovuto all'uso dei pesticidi).
Sono altresì presenti vegetazioni spontanee, soprattutto in corrispondenza delle acque, che offrono possibilità di rifugio
per animali, in particolare volatili.
Intere zone a dominante naturale sono sopravvissute (e tutelate quali aree protette) in diversi tratti prossimi al litorale,
alternandosi con edificazioni e infrastrutture prevalentemente legate al turismo.
Nel leggere le trasformazioni dovute al costruito, associando alla categoria “consumo di suolo” (quantità di superficie
occupata) anche il dato qualitativo, percepiamo una scena paesaggistica
frutto di varie attività, con la carenza di un ruolo di
coordinamento dell'ente pubblico e in un contesto legislativo poco appropriato.
Il processo ha riguardato le
preesistenze -in particolare il patrimonio rurale con demolizioni di edifici o loro
adattamento per usi diversi- e i nuovi complessi di residenze e servizi,
nonché i grandi volumi ad uso commerciale, artigianale e industriale.
Lo sviluppo degli ambiti urbani, secondo la tendenza generale che comporta un’assenza di riconoscibilità delle nuove aree
esterne -in opposizione ai nuclei storici- riguarda questi territori in modo abbastanza contenuto, date le dimensioni limitate
dei centri abitati.
In varie situazioni i caratteri della periferia, più che in quartieri veri e propri, si ritrovano lungo
le strade di uscita dai centri stessi.
Nella campagna, un particolare che si evidenzia rispetto alle tipologie tradizionali è la differenza dei complessi rurali, nel
passaggio dal territorio veneto a quello emiliano-romagnolo: nel primo caso prevale l'edificio unico allungato, comprendente
residenza e annessi rustici, nel secondo l'articolazione in due blocchi distinti. Con riferimento ai materiali, lo stesso
passaggio si può leggere nella variazione tra l'uso dell'intonaco e quello del mattone a vista.
Nelle fasi più recenti, si è andato diffondendo un modello che esprime indifferenza al contesto, quello della villetta,
variamente adattabile, dalle zone agricole alle lottizzazioni in zone di espansione; l'intorno del costruito ripropone spesso
lo stesso atteggiamento, attraverso combinazioni vegetali che comprendono specie provenienti da aree geografiche con
condizioni climatiche molto diverse tra loro.
I territori oggetto di bonifica situati nel basso ferrarese rappresentano un caso limite; la quasi totale
assenza di edificazioni (e di abitanti) per decine di chilometri quadrati comunica la particolare atmosfera di uno spazio
naturale organizzato artificialmente e delimitato da cortine alberate, frequentato dagli addetti ai lavori agricoli e dagli
animali in libertà.
Il rapporto del paesaggio agrario con l'evoluzione tecnologica ha dato luogo -nel tempo- ad episodi piuttosto diversi.
Le realizzazioni della prima fase di industrializzazione si possono percepire oggi come integrate nel contesto, da quelle
inerenti le opere idrauliche, agli stabilimenti di trasformazione dei prodotti agricoli (alcuni dei quali
ora modificati o in
degrado); i decenni più recenti ci hanno consegnato -via via- situazioni sempre più invasive, dai tralicci delle linee
elettriche esterne, agli impianti di incenerimento variamente denominati (in entrambi i casi fonti di pericolo per la salute), alle distese di pannelli solari in sostituzione dei campi coltivati.
La sempre maggiore facilità nell'attivare trivellazioni per estrazione di idrocarburi lascia intravedere scenari futuri peggiorativi.
Queste, alcune tracce di lettura del contesto paesaggistico nel quale è prevista la costruzione di una nuova -ennesima-
autostrada.
Un’opera di dubbia utilità, incentivante il traffico su gomma, giustificata dal modello ideologico della crescita illimitata,
volutamente ignaro della continua diminuzione delle risorse naturali disponibili.
Dalle generazioni che ci hanno preceduto abbiamo ereditato un paesaggio in lenta e continua evoluzione, dettato dalle
necessità fondamentali del vivere; la contemporaneità sta forzando questi tempi, con trasformazioni rapide e aggressive, in
contraddizione con esigenze di valorizzazione del contesto locale e di sostenibilità ambientale.
La proposta di documentazione per
immagini del territorio, qui presentata, può contribuire alla formazione di un
archivio aperto alla partecipazione di coloro che intendono comunicarne i caratteri e preservarlo rispetto ai progetti
invasivi incombenti su questa pianura; la stessa pianura oggetto di altre indagini fotografiche, realizzate dal satellite,
che la classificano come l'area geografica più inquinata d'Europa.
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